Instagram, gioie e dolori

Instagram nasce nel 2010, fondato da Kevin Systrom e Mike Kriege, come semplice applicazione per scattare foto, applicare dei filtri e delle personalizzazioni, e condividerle su alcuni social. Il formato iniziale delle foto, quadrato con margini bianchi, ricordava le foto scattate con la Polaroid.

Nel 2012 viene acquistato da Facebook, per un controvalore di circa 1 miliardo di dollari, una cifra considerata in quei giorni folle, ma considerando che Microsoft ha comprato LinkedIn nel 2016 per 26 miliardi di dollari direi che quello di Instagram è stato un ottimo investimento.

Oggi conta 700 milioni di utenti attivi nel mondo, 14 milioni in Italia, e si attesta tra i social più usati dopo Facebook, FB Messenger, Youtube e Whatsapp. La sua particolarità è che è quasi completamente incentrato sui contenuti visuali, cioè foto e video, nasce infatti per la mobìle photography, e di conseguenza viene fruito per la quasi totalità via smartphone.

Queste caratteristiche ne fanno un social network che ha letteralmente spopolato tra i più giovani, con una leggera prevalenza del pubblico femminile. Ha sfondato nel mondo dei cantanti, degli sportivi, ha conquistato personaggi della tv e della moda, ha creato vere e proprie icone che sono ad oggi diventate influencer, cioè personaggi che hanno un seguito di milioni di utenti e che quindi ogni loro contenuto pubblicato ha un potenziale incredibile dal punto di vista della pubblicità di prodotti e servizi, ma anche di influenze nel lifestyle e nei comportamenti di acquisto.

Rispetto a Facebook nell’immaginario comune è considerato più “fighettino“, meno di massa, lo è anche nei numeri in effetti. Alla base di questo c’è il fatto che ha un funzionamento basato sui follower, o seguaci, cioè si decide di seguire qualcuno, o qualcosa, per cui siccome non tutti hanno un seguito, le relazioni sono più verticali che orizzontali. Diciamo che questo lo rende un social un pò meno “democratico”, un luogo virtuale in cui, come nella vita reale , non siamo tutti uguali, c’è chi segue, e chi viene seguito. Si possono seguire ovviamente persone ma anche aziende, brand, prodotti, organizzazioni enti e istituzioni, persino Papa Francesco ha un account con 4 milioni di seguaci, briciole rispetto agli oltre 120 milioni di follower di Selena Gomez, la cantante e attrice americana è la più seguita di Instagram, in pratica convoca un consiglio di amministrazione ogni volta che deve decidere quali scarpe indossare, visto che qualcuno, sicuramente le noterà..

La valenza estetica di questo social network dove il valore dell’immagine è fondamentale rispetto alla componente testuale comporta anche che sia più alta l’attenzione alla qualità del prodotto foto/video, e che sia più forte la componente esibizionista. Per far sì che non fosse percepita come una piattaforma dove il valore estetico è predominante su quello dei contenuti, via via sono state introdotte delle funzionalità che lo hanno reso uno strumento ancor più appetibile per il marketing delle imprese, che vi si sono gettate a capofitto.

E’ corretto precisare che ben si presta per alcuni specifici settori: turismo, food, moda, design, arte, musica, e tutto ciò che ha a che fare con qualcosa di bello da raccontare attraverso immagini e video, lo vedo meno adatto per una azienda che produce clisteri per intenderci, anche se ormai il marketing non convenzionale ci riserva sempre sorprese.

Anche Instagram dispone di una piattaforma di annunci, che è gestibile da Facebook, da cui come detto è stato acquisito, e con il quale ha vari punti di contatto, come le stories, che, semplificando il concetto, sono una tipologia di contenuto generata da più immagini o video che servono per fare un pò di racconto e che durano online solo 24 ore. Altro punto di contatto con Facebook sono le dirette in streaming.

Questo social network è in forte crescita, così come cresce la pubblicità che che gira all’interno della piattaforma. Cresce così tanto da attirare l’attenzione delle autorità governative, che si stanno muovendo per regolamentare la pubblicità occulta che è presente su questo e altri social. E’ totalmente normale che una modella famosa o uno sportivo vengano pagati per una foto pubblicata con un paio di occhiali, purché si dica. Farlo passare come oggetto del quotidiano è pubblicità occulta, pertanto si comincia a vedere su alcuni post chiaramente commerciali l’hashtag #ad (advertising).

Insomma ha tante carte in regola per essere un ottimo canale social per la comunicazione di imprese e professionisti, e per attirare e conquistare clienti.

Ma non è tutto così rose e fiori.

Instagram, per come è concepito, cioè che basa il suo successo su quanto è importante avere una community di seguaci numericamente importante, ha anche per questo motivo grandi problemi legati agli utenti fake, cioè finti. Per cui inutili in quanto non interagiscono, fanno solo numero. Ma fanno sballare le statistiche delle campagne, o non danno la dimensione reale del seguito di una persona/azienda. Questo vale per grandi numeri ovviamente, quando la community è più ristretta è più gestibile, e per questo a volte ci si lavora meglio. E’ molto più interessante avere 500 seguaci attivi che 2000 simili a mummie. Il problema degli utenti fake è trasversale anche ad altri social network ovviamente, Facebook ne è infestato.

Potete constatare quanto vi dico se vi create un account Instagram partendo da zero, e per i primi giorni non pubblicate né foto né altro, potete anche non mettere la foto del profilo. Verrete comunque raggiunti da richieste di potervi seguire da parte di persone che neanche conoscete, anche loro non sanno nulla di voi, non hanno nemmeno visto le foto da voi pubblicate in quanto non lo avete ancora fatto, per cui non hanno il minimo motivo di seguirvi, se non quello che diventiate anche voi loro follower, in una sorta di scambio di favori, con il solo scopo di aumentare il numero di seguaci. Pratica fine a sé stessa, senza valore dal pdv marketing. Esistono anche programmi progettati per questo, si chiamano BOT, che simulano il comportamento di utenti e generano interazioni programmate come like e commenti, per ottenere in contropartita altrettanti like e interazioni.

Quello che interessa sono le interazioni del pubblico in target, fa sempre bene ricordarlo. L’engagement della propria community, su qualsiasi social, non è un fine, ma un mezzo per altri tipi di obiettivi.

Questa corsa ai follower e ai like è una pratica seguita da chi desidera farsi notare ovviamente, è anche considerabile non del tutto errata se ci sono scopi commerciali, in quanto immagini con molti like finiscono nelle foto popolari della piattaformaQuindi più follower hai e più like puoi avere, in una compulsiva corsa agli apprezzamenti delle persone, che avvengono sempre più per motivi estetici, con ripercussioni sociali. Pensiamo alle giovani ragazze che si uniformano nei canoni estetici dettati da modelli di bellezza con migliaia di like, con grande gioia del chirurgo plastico, e di mamma e papà.

Altra cosa che non mi fa impazzire è l’utilizzo sconsiderato e senza pudore di hashtag. Ricordo per chi non ha dimestichezza che un hashtag è una sorta di categorizzatore, cioè se scatto una foto al mare e la pubblico utilizzando l’hashtag #mare la foto verrà visualizzata non solo dai miei seguaci ma potrà comparire anche nella lista di tutte le foto contrassegnate dall’hashtag #mare, raggiungendo anche altre persone. Questo è lo scopo per cui chi cerca visibilità utilizza tantissimi hashtag sulle sue immagini. Se ne possono usare per limiti della piattaforma al massimo 30 su ogni post, ma trovo ridicoli coloro che contrassegnano le loro immagini con carrellate di hashtag tipo #mare, #spiaggia, #beach, #fun, #tempolibero, #amici, #lifestyle, io direi #aveterottolepalle.

Gli Hashtag vanno studiati prima di essere utilizzati, può anche andare bene utilizzarne parecchi, purché siano frutto di una ricerca sensata.

Concludendo, valutandolo come strumento di marketing digitale, ritengo che Instagram sia fondamentale per alcuni settori di impresa, vista anche la profondità con cui si sta diffondendo. La sua caratteristica di basarsi prevalentemente sulle immagini lo rende più facile e intuitivo per le persone, quasi toglie dall’imbarazzo di dover a tutti i costi scrivere un contenuto interessante, basta una foto. Per contro, per emergere in un contesto in cui la forza delle immagini la fa da padrona, ecco che la creatività e le competenze metodologiche fanno la differenza quando in ballo ci sono obiettivi legati al marketing delle imprese. Come sempre del resto. Il livello di attenzione ai dettagli è più alto nel pubblico di Instagram, che è sì molto interattivo ma anche molto esigente, pertanto non esiterà a “stroncare” immagini raffazzonate, strategie improvvisate e palesemente “acchiappalike”, o attività editoriali poco professionali.

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